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al testo di Salvatore Pizzo
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Del mio spazio vitale3 biascichi sì da non strozzartene in gola: tu abbronzata di blu, dilatata per quattro ...(quattro?) Qua, prospiciente il tavolo, sul muro c'è la presa, indichi radiosa in viso: per ricaricarti il telefonino vecchio altro modo non c'è, neanche a ficcarci due dita su per il naso. Non per questo si è sposi, assicuri suadente a volo inibito ed orizzonte oscurato per me, nel panico, sospinto ad allontanarti invasora armata d'hamburger: è mio questo posto, tu mi rubi l'aria ed io ti annuso ostile, sezionandoti con sguardi le mascelle masticanti fishburger. Tu che mostri unghia viola, affilate a contendere offese; e che non vai ma resti col tuo chickenburger, già che ci si disputa punto: se un luogo è solo un luogo, dunque di tutti; oppure di chi lo vive pure mero possesso confini slabrandone ideali, fino ed oltre il Sinai, terra promessa in bocche altrui riciclata; terra e sangue, impasto sofferto; terra deglutita speranza, come la tua: sprofondata che il tè rigiravi quieta viaggiando, vero Eddy occhi d'Africa? Non si può possederla, non ci è dato: soltanto morirci si può, lasciandola alla fine infetta eredità. Partire è un po' morire, dicono da che s'è taciuta l'upupa. A darci retta non vale tarlo che rosichi ramo: io e te ci stiamo a cavalcioni; tu sbocconcelli cheesburger ... E se acconsentissi a promessa un fiore vorresti che ti facessi un ritratto, no non un dipinto o un ritratto, bensì un romanzo della tua vita: da Massaua a Londra, passando per lo Stivale... io, scrittore sotto dettatura, io, d'un verso claustrofobico prigioniero! |
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